giovedì 28 agosto 2014

Il missionario che salva i bambini dalla discarica


Ad Antananarivo, grazie a padre Pedro, è nato un progetto che garantisce casa e lavoro a più di tremila famiglie. Un esempio di azione caritativa, anche per il Fondo Monetario Internazionale


Occhi grandi e viso tondo, incorniciato in una lunga e curata barba bianca. E’ un omone, Padre Pedro, 66 anni, missionario vincenziano: alto, mani grandi, come il suo cuore. E grandi sono anche i risultati, i numeri che descrivono i suoi ultimi 25 anni di attività in Madagascar. Molto più che numeri, persone: oltre mezzo milione di donne, uomini e soprattutto bambini, che dal 1990 ad oggi hanno beneficiato delle attività dell’associazione, tanto da diventare “buoni amici” e dare così il nome all’associazione che ha fondato ad Anatanarivo: Akamasoa.


“Ero in Madagascar già da 15 anni, ero malato, debole, pensavo di non farcela a riprendermi. Poi mi sono ritrovato nella discarica di Antananarivo. Un inferno in cui vivevano e lavoravano centinaia di persone. Grazie a loro ho ripreso le forze e insieme a loro ho creato questo centro”. Ad Akamasoa tutti i giorni settemila bambini trovano un piatto di riso e patate, consumano 12 tonnellate di riso alla settimana; sono circa 12mila a frequentare le scuole gestite dall’associazione, con 400 insegnanti e istitutori; più di tremila famiglie vivono nei 22 villaggi creati dall’associazione per dare una casa ai senzatetto.L’elenco potrebbe ancora proseguire, ma Padre Pedro tiene a sottolineare soprattutto un principio: “L’ho sempre detto a tutti loro: vi voglio troppo bene per limitarmi a fare dell’assistenzialismo. Tutti insieme lavoriamo, solo così si può uscire dalla povertà”. Il Fondo Monetario Internazionale ha segnalato Akamasoa quale esempio di azione caritativa in Africa.

“Il nostro progetto non è nato sulla carta, in un hotel a cinque stelle, ma qui, sul campo, con la gente”. Padre Pedro guarda su, il blu del cielo è squarciato da nuvole grigie di fumo, diossina, che arriva dalla discarica, a poche centinaia di metri dal primo villaggio di Akamasoa. Il missionario vede arrivare una ventina di ragazzi, con i libri sotto al braccio, si avvicina ad una giovane: “Giselle l’ho conosciuta quando aveva due anni, era insieme a sua madre, nella discarica. Lei non aveva scelto quella vita, così come tutti quelli che sono costretti a lavorare fra i rifiuti. Abbiamo dato una casa e un aiuto a lei e sua madre, ed oggi è qui, ha 18 anni, e si sta preparando ad affrontare l’esame di maturità”. L’80 per cento dei ragazzi che studiano ad Akamasoa, supera gli esami. La media nazionale non va oltre al 45 per cento. Merito, impegno, lavoro, sono le parole d’ordine di padre Pedro, che non si accontenta mai: “Dobbiamo puntare al cento per  cento di promozioni!”.

Argentino, di origine slovena, padre Pedro non ha mai accettato il fatalismo diffuso nella cultura malgascia: “Abbiamo trovato anche molti morti, nella discarica. Qualcuno mi ha detto: è la volontà di Dio. Ma non può essere così! Dio non vuole che i bambini muoiano nella discarica, o che vivano nella miseria. No! Dobbiamo ribellarci a tutto questo e combattere contro la povertà”

Una battaglia impegnativa, che padre Pedro non combatte da solo. Insieme a lui lavorano 450 donne e uomini malgasci. Anche in Italia è attiva un’associazione che lo appoggia: “Amici di padre Pedro” (http://www.amicipadrepedro.org/it). Fra i vari progetti in cui è impegnata Akamasoa, vi è anche la riforestazione di alcune regioni del Madagascar, compresi i dintorni della capitale, e l’estrazione della pietra da alcune cave di Antananarivo. Tutti modi per mantenersi e dare un futuro alla Grande Isola Rossa, e alla sua gente, da “Buoni amici”: “Ad Akamasoa abbiamo promosso la solidarietà familiare, siamo una grande famiglia”. Sorride e allarga le sue braccia grandi padre Pedro, come per stringere a sé le centinaia di bambini che si accalcano intorno a lui.

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