mercoledì 10 settembre 2014

Quando il Madagascar era “human-free”

Lemuri gorilla, uccelli elefanti, ippopotami nani e pipistrelli giganti
Più o meno 3.700 anni fa, un branco di ippopotami nani stava abbeverandosi nel fiume Betsiboka nel nord del Madagascar, quando venne travolto dalla corrente e risucchiato nella profonda grotta sotterranea di Anjohibe. Il branco di ippopotami terrorizzati travolse stalattiti e stalagmiti ed anche i  pipistrelli giganti che vivevano all’interno della grotta, ma non riuscirono mai a ritrovare la via di uscita. Solo migliaia di anni dopo le loro ossa furono ritrovate sul suolo della caverna e nel frattempo gli ippopotami nani si erano estinti in tutto il Madagascar.

Si tratta di una delle tante scene ricreate dall’artista Velizar Simeonovski,  dallo scienziato del Field Museum Steve Goodman e dal professore  Bill Jungers della SUNY Stony Brook  e dal professor Bill Jungers nella nuova mostra “Extinct Madagascar: Picturing the Island’s Past” e nel libro che la accompagna Goodman, che vive per la maggior parte dell’anno in Madagascar, e Jungers, un anatomista, hanno raccolto non solo le ossa degli ippopotami nani ma anche di altre specie estinte che invece erano gigantesche, come l’uccello elefante alto 3 metri, o il lemure  gigante grande quanto un gorilla.  Poi Simeonovski, che ha studiato anatomia, ha esaminato i reperti ossei ed ha determinata come e dove si collegassero i muscoli di questi non antichissimi animali, quindi ha immaginato quale potesse essere la loro pelliccia o il loro piumaggio basandosi su quelli dei parenti viventi delle specie estinte.  Quindi gli scienziati e l’artista hanno ricreato le scene della  vita nel Madagascar di migliaia di anni fa, basandosi sulla posizione delle ossa e dei fossili raccolti sul campo.

Un procedimento scientifico e artistico che ha portato i ricercatori a risolvere alcuni vecchi enigmi, in particolare quello dell’aspetto del mitico lemure gigante.
«Siamo rimasti affascinati dalla capacità di Velizar» dice Goodman e Jungers. Spiega: «Il cranio [del lemure gigante] era stato paragonato a quello di una mucca o di un  koala.  La ricostruzione di Velizar è stata la testa più convincente e coinvolgente che abbia mai visto».
«Prima pensavamo che fosse come un elefante – dice Goodman – Ora pensiamo che avesse un naso piccolo, come un maiale» e Jungers aggiunge: «Ci vuole molta  abilità per immaginare come si muoveva e cosa mangiava e per mettere insieme la scienza e l’arte in questo modo per la prima volta».
Le ricostruzioni di Simeonovski si basano in particolare sui resti di un lemure precipitato anche lui nella  grotta Anjohibe, un ambiente inquietante anche per i ricercatori che hanno setacciato l’antro per trovare gli scheletri degli animali estinti.
Altri animali scoperti dalla spedizione “Rediscovered Madagascar” sono stati trovati sovrapposti agli insediamenti umani dell’isola, come quelli dell’uccello elefante, che depositava uova circa 70 volte più grandi di quelle di una gallina e con un guscio così spesso che i primi uomini approdati in Madagascar li utilizzavano  per trasportare l’acqua e anche il rum che così secondo Jungers, «Doveva dargli un gusto  davvero speciale». Goodman  dice che in un sito la densità di gusci di uccello elefante assomigliava a quella delle ceramiche rotte che si trovano in alcuni scavi dell’antica Roma.
La sorpresa più grossa è venuta però dall’analisi del Dna delle uova: il più vicino parente vivente degli uccelli elefante del Madagascar è il piccolo Kiwi che vive dall’altra parte del mondo, in Nuova Zelanda. I ricercatori sottolineano che: «L’evoluzione funziona davvero in modo strano. Il lemure Sifaka  emette lo stesso tipo di  rumore dell’allarme che faceva il lemure gigante», un suono che può essere ascoltato alla mostra e che sembra il rumore di un sorter su una fotocopiatrice.
Il Madagascar di oggi è  molto diverso da come era anche solo 500 anni fa, un battito di ciglia nella storia evolutiva del nostro pianeta, solo un millesimo di secondo se si riducesse ad una giornata la storia del nostro pianeta.  Allora questa isola era coperta da fitte foreste e i lemuri giganti abbandonavano raramente i grandi alberi, visto che praticamente non erano in grado di camminare sul terreno o addirittura di stare in piedi: le loro dita delle mani e dei piedi si erano evolute per essere più lunghe e più curve, il  che ha permesso loro di avere una migliore presa sui rami degli alberi.
Oggi, se i lemuri giganti fossero sopravvissuti alla strage dei cacciatori arrivati dall’Africa, il  Madagascar non sarebbe più adatto a loro, l’uomo lo ha trasformato in risaie e prati e della foresta originaria che ricopriva l’intera isola ne resta  solo il 9%.
Parte della trasformazione e dell’estinzione degli animali del Madagascar è iniziata prima che l’uomo approdasse sull’isola, ma molti cambiamenti, compresi quelli climatici, sono colpa delle attività antropiche che continuano a degradare anche oggi la incredibile ed unica biodiversità di quest’isola, che era rimasta l’ultimo grande angolo della terra human-free. Ma il Madagascar è un Paese estremamente povero e il suo fragilissimo governo non è stato in grado di intervenire per fermare il saccheggio delle foreste, che ha portato sull’orlo dell’estinzione numerose specie e che probabilmente ne ha fatto scomparire molte altre delle quali non sappiamo niente.
Come dice Goodma, «Oltre che un problema per la biodiversità è anche un problema socio-economico».
Jungers conclude: «Il processo di estinzione è ancora in corso. Non so che tipo di libro saremo in grado di scrivere tra un  paio di decenni
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