giovedì 27 novembre 2014

Madagascar, la peste è arrivata nella capitale

Oms alza livello d'allarme dopo aumento numero di casi e decessi

Foto ANSA

  • (ANSA) Endemica nelle campagne del Madagascar, la peste bubbonica è arrivata anche nella capitale Antananarivo, provocando un innalzamento dell'allarme oltre che tra le autorità locali anche da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Una giovane donna é morta lo scorso 11 novembre in una bidonville della capitale, metropoli di oltre due milioni di abitanti. E il numero complessivo delle persone contagiate quest'anno è salito a 138. 47 malati sono deceduti.

    "A questo punto esiste il rischio di una rapida diffusione della malattia", ha avvertito l'Oms sottolineando come fattori particolarmente negativi "l'alta densità della popolazione nella città" e la "debolezza e le falle del sistema sanitario del Paese". Il bilancio, affermano dal canto loro le autorità locali, potrebbe diventare molto più pesante anche per la "recrudescenza stagionale" che ogni anno si verifica "tra ottobre e marzo". Il bacillo della peste, che si sviluppa nei ratti, viene poi veicolato dalle pulci. Nell'uomo che è stato punto da una pulce la malattia si sviluppa di solito in forma bubbonica: se il batterio colpisce i polmoni, provoca anche la polmonite e si può trasmettere per via aerea quando il malato tossisce. Diagnosticata in tempo, la peste bubbonica si cura con antibiotici. Ma la forma polmonare, che è una delle malattie infettive più letali, può portare alla morte in sole 24 ore.
  •  ANSA.it Mondo Africa



Come si muore di peste in Madagascar

In questi giorni amici e parenti mi hanno interpellato per sapere sulla peste in Madagascar. Ho dato loro delle risposte sommarie senza approfondire l'argomento, infatti non si tratta di una epidemia che si diffonde come l'ebola, ma è una epidemia circoscritta a determinati ceti sociali e a determinate zone della città e la peste è curabile con gli antibiotici.
La peste in Madagascar possiamo dire che è endemica, in quanto anche negli anni passati, in questa, che è la stagione calda,ci sono stati alcuni casi di decesso, ma le autorità sanitarie non le hanno mai segnalato. Quest'anno la stampa ha diffuso la notizia in quanto l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto un comunicato.
I giornali italiani facendo eco a questo comunicato dell'OMS, hanno informato a profusione senza dare le dovute spiegazioni del perchè di queste morti per la peste.
Antananarivo è una metropoli con circa 2,5 milioni di abitanti, molti vivono nelle bidon ville in mezzo a liquami e sporcizie varie. La maggior parte sono arrivati dalla campagna per cercare fortuna e lavoro nella grande capitale, fortuna che non hanno trovato; molte donne incrementano la prostituzione mentre gli uomini si danno a lavori occasionali o alla mala vita con furtarelli per potere sopravvivere.
Tutta questa gente non usufruisce di alcuna assistenza sanitaria (qui la sanità è tutta a pagamento) e quando contrae qualche malattia non puo' comprarsi le medicine o recarsi presso un ospedale per mancanza di soldi.
Per farsi ricoverare in un ospedale è necessario all'ingresso versare una somma a garanzia (circa 200/300 euro), somma che la povera gente non dispone. Poi all'interno dell'ospedale esiste una farmacia dove l'ammalato puo' comprare le medicine che il medico prescrive.
Se ci rechiamo in un qualsiasi ospedale a chiedere quanti decessi per peste ci sono stati negli ultimi tempi, sappiamo già la risposta:ZERO.
Quindi l'epidemia di peste non curata per la povertà della gente, causa il decesso. Segnaliamo che da parecchi anni nella capitale non è stata fatta una derattizzazione e che i principali diffusori della peste sono proprio i ratti. In questo periodo di caldo molta gente dorme anche all'aperto e quindi è facile preda del contaggio.


lunedì 24 novembre 2014

Palermo, una magia


Londinese per nascita, italiana per vocazione, siciliana un po’ per caso, un po’ per scelta. Incontriamo Victoria Menashy e ci facciamo raccontare la sua esperienza palermitana.


Come mai hai scelto di vivere a Palermo e perché ti sei trasferita qui?
«Ho conosciuto l’Italia a diciassette anni, prima di iniziare il mio corso di laurea in mediazione linguistica e musica a Manchester. Desideravo fare un’esperienza nel vostro Paese, quindi mi sono iscritta al conservatorio di Firenze, studiando canto lirico, una delle mie passioni. La scuola lirica italiana, quella del “Bel Canto”, è la migliore, importante e conosciuta in tutto il mondo. Sono stata un anno lì ma è stato difficile perché mi trovavo da sola e senza danari. Sono dovuta tornare a casa perché iniziare l’università era più facile avendo avuto accesso ad una borsa di studio.
Al terzo anno d’università mi trovai a dover scegliere la destinazione per il mio anno di Erasmus, scelsi Palermo, avendo già vissuto al nord mi incuriosiva conoscere la vita del sud Italia. Qui ho conosciuto il mio maestro di canto e sono riuscita a conciliare le mie due passioni: l’insegnamento e il canto lirico, dando anche quattordici materie. Questo mi ha spinto a rimanere qui.
Ho deciso in quel momento che non avrei finito l’università a Manchester,  mi sarei trasferita qui per i miei studi. Ho scelto di terminarli alla Sapienza di Roma».

Quali le tue aspettative quando sei venuta a vivere qui?

«L’Italia mi è piaciuta tanto. La lingua, la cultura, la gente…  Mi sarei aspettata probabilmente un’esperienza simile a quella che avevo fatto a Firenze ma ho trovato una situazione completamente differente. A Firenze ero più giovane, avevo più amici stranieri, parlavo in inglese la maggior parte del tempo; a Palermo, al contrario, la maggior parte degli amici sono siciliani, parlo in italiano e vi è un’altra mentalità».

Cosa ti ha colpito di Palermo e dei palermitani?

«Palermo è una bella città anche se un po contraddittoria: ci sono molte cose che non vanno e che balzano agli occhi e mi fanno sospirare. Ha tanto da offrire e non lo sa. Mi fa male vedere, per esempio, tutte quelle zone vicino al Foro Italico, la spiaggia, e tantissimi altri posti che si potrebbero sfruttare maggiormente a livello turistico. La città è inoltre molto sporca, ed è un peccato vedere quanti turisti ci sono, i loro sguardi rassegnati e quanti di più potrebbero essercene. Al tempo stesso non esistono persone come voi, calorose, aperte, affettuose. Io che sto qui da quattro anni vivendo completamente sola, sono riuscita a legare con un sacco di persone così vicine che ho sperimentato come una famiglia, persone che vogliono aiutarti e che sono solidali».

Quali gli aspetti culturali più bizzarri che hai notato?

«Uno degli atteggiamenti che fatico ad accettare è l’incapacità a fare la fila rimanendo al proprio posto e gestendo la frustrazione. In Inghilterra c’è molto rispetto per lo spazio personale, qui invece lo spazio non esiste; oppure quando guidate per strada riuscite ad essere davvero pericolosi, io ne ho un po’ paura, nonostante abbia la patente non intendo usarla qui. Un’altra bizzarria riguarda le abitudini alimentari… Considera che noi ceniamo alle 18.00, non riuscirei mai a cenare alle 22.00. In Inghilterra è molto forte l’abitudine di uscire a bere… Qui accompagnate sempre con qualcosa da mangiare. Inoltre mangiate un primo di pasta, che già da solo sarebbe pesante, poi carne e dolce, e questo per ogni festa! E’ un concetto stranissimo per noi, se consideri che prima di venire qui avevo mangiato pasta solo tre volte nella mia vita!
Altro fenomeno che mi sembrava, almeno inizialmente, bizzarro erano i ‘mammoni’. Questi ragazzi che stavano a casa fino a quarant’anni… All’inizio non capivo bene come preferissero rimanere coi genitori anziché farsi una loro vita, ma era soltanto perché non conoscevo la situazione economica qui, le condizioni lavorative che vivevano. Dopo quattro anni ho capito bene le motivazioni che spesso fanno preferire ciò. Penso piuttosto che per certi versi sia importante avere una famiglia dietro che ti possa supportare fino a quando ne hai bisogno.
Un aspetto culturale interessante del rapporto coi sessi è che gli uomini sono un po’ diversi qui, più protettivi, gentili; lo si nota quando accompagnano le ragazze a casa, quando non le lasciano sole per strada, in Inghilterra è completamente diverso».

Cosa consiglieresti all’Amministrazione in termini di maggiore vivibilità e accoglienza anche nei confronti dello straniero?

«Ci sono tanti, forse troppi problemi per gli stranieri che vogliono vivere e  lavorare qui, ma anche per il disbrigo delle pratiche più semplici: trafile burocratiche infinite per la residenza, il codice fiscale, per avere un medico, per aprire un conto».

Quale ti sembra sia la ‘visione’ dei siciliani?

«Siete molto lenti, sospirate, non c’è mai fretta nelle vostre azioni, siete legati fortemente alla famiglia».
Quale aspetto ti incuriosisce e piace di più dei palermitani?

«Questa tendenza a prendersi cura e mantenere i legami forti come l’amicizia. Io provengo da una città enorme dove i legami sono più radi e le comunicazioni a causa delle distanze avvengono via web. Qui avete delle comitive, vi conoscete sin dall’infanzia e questo tipo di relazioni ti regala un calore bellissimo».


Il piatto che ti piace di più?

«Risotto alla marinara, broccoletti in pastella, insalata di mare, sarde a beccafico».

Quando torni a casa cosa racconti di Palermo?

«E’ molto difficile spiegare cosa significhi viverci ad una persona che sta fuori. Palermo ha una specie di magia, tutti gli stranieri che vivono qui da un lato vorrebbero andar via, per questioni lavorative e organizzative, dall’altro, nessuno riesce a farlo facilmente… E’ strano ma l’ho notato in tutti. Io stessa vivo una situazione strana, quando torno a Londra è necessario che passi qualche giorno per riabituarmi ai suoi ritmi, profumi, concezioni; è come se Londra non mi appartenesse più».

Consiglieresti ai tuoi connazionali di vivere qui?

«Dipende molto dalla persona che sei. Devi essere particolare, forte e aperta, disposta a cambiare, a cercare  di far parte di questa cultura nuova: non è per tutti».

Se avessi la possibilità di tornare indietro faresti la stessa scelta?

«Odio avere rimpianti, tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per un motivo, seguendo l’intuito, non mi piace guardare indietro. Il mio percorso è stato un po’ strano e sicuramente poco convenzionale… La normalità non è la mia strada. Quando hai un obiettivo nella vita continui sempre a combattere, fare sacrifici, a lavorare e studiare per raggiungerlo. Io voglio cantare, è il più grande amore della mia vita».

Faccia a Faccia on line

Incontriamo suor Concetta Zappulla all’Istituto “Suore Cappuccine
dell’Immacolata di Lourdes” di Palermo e non esitiamo a chiederle
della vita che conduce come missionaria.>>>>>>>>continua a leggere

Abbiamo incontrato padre Giuseppe Nicolai, imolese di adozione,
missionario in Madagascar. Gli abbiamo chiesto di parlarci della
sua attività e dei suoi rapporti con il popolo malgascio.

La mia prima casa era nel campo base a circa mezz'ora da Sambava verso Andapa. Mi ricordo un nome " Ambatolokoho "

Intervista a Fabiola Mancinelli, antropologa del turismo che
dopo un passato nella comunicazione e nella ricerca di tendenze
ha deciso di partire per studiare il Madagascar

Il sole, il mare, le spiagge, ma soprattutto la gente
ci ha fatto pensare che la nostra pensione(sic!) che
era  prossima, avrebbe potuto godere di tutto questo

Nosy Be l’Isola dei Sogni

Laureato in Scienze dell'educazione, ho lavorato come educatore

Dario e Valerio hanno creato Peter Pan nella spiaggia più bella del Madagascar
Anakao

49 anni romano ha inaugurato a Sainte Marie il suo nuovo Hotel

Anita Torti, nata in Madagascar, vive a Milano si sta facendo onore sui ring di tutto
il mondo

La cantante malgascia che vive e fa successo in Italia

La storia di un medico che aiuta i bambini poveri del Madagascar

 in Madagascar per insegnare forme alternative di agricoltura

Non esisteva ancora il telefono, le strade erano piste in mezzo alla natura.
Poche capanne, una banca e un ufficio postale.
Quando Massimiliano Felici arrivò a Sainte Marie nel 1993, l’isola era così.
Oggi vive a Ankazoberavina isola deserta situata nella zona nordoccidentale del Madagascar

È titolare di un diving a Nosy Be

Rosario Volpi, 34 anni, ha vinto il Premio volontariato internazionale 2013.

Dal 2007 si occupa di ragazzi


Enzo Maiorca e le sue immersioni

Pino Schintu e le sue fotografie

Dirige il lebrosario di Ambanja

È arrivato in nave e fa sentire la sua voce con radio AVEC

In Madagascar il negozio più bello con i vetri di Murano

Alberto il professionista del turismo

Ha lavorato nel turismo a Nosy Be

Un biologo arrivato da Milano al seguito di una spedizione
di studio della foresta del parco Nazionale di Masoala

Stefano, titolare della « Gelateria Italiana »
a Tulear, “si racconta” come e perchè è arrivato in Madagascar

Manuela fornisce i migliori ristoranti con il gelato italiano

Incontrando gli amici, al rientro dal mio primo viaggio in Madagascar,
alla domanda cosa ti sei portato dal Madagascar, ho risposto:
“la voglia di tornare”.

Lo zebù: il potere e il sacrificio.

Guardando l’emblema della Repubblica del Madagascar é presto chiara l’immagine della testa dello zebù. Sembra quasi che lo zebù, OMBY in malgascio, porti sulla sua testa il peso della storia di questo popolo: gli anni della colonizzazione, la fierezza dei propri costumi, i colori della sua terra, la sofferenza della sua povertà, il rispetto per gli antenati.
Ed é l’OMBY che caratterizza spesso le relazioni tra le genti, tra le famiglie, i cittadini e le istituzioni e le religioni.  Grazie all’OMBY si possono  riappacificare liti e conflitti, e perfino accordarsi di fronte a fatti gravi come incidenti, risse, lotte tra le diverse etnie.  L’OMBY viene offerto dai rappresentanti  delle chiese e delle istituzioni in occasione di ricorrenze speciali. La gente nota bene questo dono e ne parla anche per giorni: il sindaco piuttosto che il vicario generale, o il vescovo, hanno dato 6 OMBY per la festa dell’indipendenza, o 3 per la giornata mondiale della gioventù cattolica o per...
E l’OMBY é sulle tavole di tutti quando si tratta di matrimoni, o battesimi, o funerali...
E chiaramente chi possiede molti  OMBY é considerato uomo ricco e soprattutto potente, uomo che può fare e disfare a suo piacimento, che può corrompere chiunque sia necessario, patteggiare per giovani donne, insomma decidere della vita degli altri.
E a questo proposito vorrei farvi partecipi di una storia raccontatami anni fa da uno di questi uomini potenti.  Lui appartiene all’etnia VEZO, che abita la zona di Tolear a sud ovest del Madagascar.
Mi raccontava la storia della sua famiglia e lo faceva con grande fierezza e orgoglio, con profondo rispetto, come diceva, della FOMBA, la tradizione della sua etnia.
Possedeva 80 OMBY e anche una giovane figlia di 19 anni, gravemente ammalata.
Prosegue la sua storia dicendo che non ha ritenuto di curarla perché non aveva i soldi e ne occorrevano molti.
La giovane ha vissuto per circa due anni con la sua malattia e lui non ha nemmeno pensato di vendere anche uno solo dei suoi OMBY per poterla curare. Alla fine questa giovane é morta.
Ed é a quel punto che il cosiddetto padre ha rispettato in piena regola la tradizione della sua tribù: ha venduto  gli OMBY  così da potere offrire il pranzo del  funerale a tutto il villaggio per 5 giorni. Ma ne ha tenuti due, così da essere sufficienti per potere invitare ancora tutto il villaggio in occasione del rito della riesumazione che sarebbe avvenuto tre anni dopo.
Questo é il dovuto rispetto che bisogna attribuire ai RAZAHANA, gli antenati, cosi da favorire la loro benedizione.
Ed io che pensavo che l’era del toro avesse lasciato spazio a quella dei pesci per inoltrarci pian piano in quella dell’acquario!
Per carità, ognuno é libero di credere o fare ciò che ritiene meglio per lui, e non ci resta che lasciare ai posteri del karma l’ardua sentenza.

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Mi chiamo Toni Vasco, sono nato ad Enna
ed ho svolto la professione di psicologo presso
il servizio di salute mentale. Ho lavorato per due
anni a Trieste, ai tempi di Basaglia ed ero stato
catturato dal fervore di quella che si chiamava “antipsichiatria”.

Di Tony Vasco

Questi occhi belli che chiedono di apprendere, di sperimentare, di vivere.
E questi occhi sono ancora puliti.
E soprattutto esprimono la preziosità di ognuno e di tutti.

Di Tony Vasco
“… Ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso...”

e di un piccolo villaggio del Madagascar
Stefano decide di offrire il suo aiuto agli abitanti del villaggio:
inizia così un percorso, un’avventura costruita passo dopo passo,
con la pazienza e la determinazione di chi ha realmente voglia di
portare a termine un grande progetto

Mahanoro è una cittadina tranquilla e silenziosa sulla costa est del Madagascar.
Cittadina povera, si vede dai prodotti al mercato, ma non misera.

In Madagascar, tra villaggi in cui sembra d’essere risucchiati
indietro di secoli, o addirittura millenni, si scopre che la Natura
nutre non solo il corpo, ma anche l’anima.

Il tetto della capanna numero 3 era di foglie di cocco,
e quando il mare si arricciò e il cielo aprì le cataratte,
presi un taccuino, e alla luce di una candela scrissi: FINE DELLA NEBBIA

Le belle fotografie di Pino Schintu

Ci fanno rivivere una storia tutta italiana di un bambino che rinuncia ai regali per la prima comunione per aiutare il popolo malgascio nella costruzione di un pozzo.

Vi raccontiamo tutta la storia………………………..

Emanuele Ferrari, 9 anni, di San Fruttuoso a giugno scorso ha ricevuto la Prima Comunione. Una grande festa per lui, ma per festeggiare invece dei regali chiede di dare una mano ai bambini del Madagascar per costruire un pozzo per dare acqua ad alcuni villaggi che ne sono sprovvisti


La sua idea è realizzabile grazie ai contatti di Pino Schintu, fotografo professionista con la passione e l’amore per il Madagascar.

Emanuele con i suoi genitori a ottobre scorso sono venuti in Madagascar e hanno potuto constatare il pozzo creato con i suoi contributi



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Ad Antananarivo, grazie a padre Pedro, è nato un progetto
che garantisce casa e lavoro a più di tremila famiglie.
Un esempio di azione caritativa, anche per il Fondo
Monetario Internazionale

Un medico italiano si prende cura degli uomini-risciò ad Antsirabe in Madagascar

Da Rimini in Madagascar per un incontro

Il termine "camaleonte" viene comunemente
usato come sinonimo di mimetismo.

i primi camaleonti apparsero in Africa e migrarono verso il Madagascar


La danza di Noè

Vi sono anche comunità di suore che dimostrano una vitalità e un impegno non comuni. Le suore Ancelle del Sacro Cuore, fondate a Lecce nel 1929 e giunte in Madagascar nel 1988, hanno per esempio tre comunità: una nell’isola di Nosy-Be al nord, un’altra a Mandrosao-Ivato presso la capitale e un’altra ancora ad Andasibé verso sud.
In appena 20 anni le suore di origine malgascia hanno raggiunto il numero di circa 85 religiose, di cui una cinquantina si trovano in Italia, impegnate in case di riposo, asili e pensionati; solo 33 sono rimaste in Madagascar, dove dirigono sei scuole materne, quattro elementari e due medie superiori. Le novizie sono attualmente 10 e le postulanti 22, mentre le suore di origine italiana sono soltanto 17, quasi tutte anziane e residenti in Italia.
Si tratta perciò di una congregazione in rapida espansione, grazie alle religiose provenienti dal Madagascar, ma anche povera di mezzi. Hanno quindi bisogno di assistenza economica e benefattori, in questo provvidenzialmente aiutate da un missionario italiano, che si prende cura di loro, delle loro attività, delle loro scuole e delle loro abitazioni in alcuni casi fatiscenti.
Non è più giovane questo missionario. È un brianzolo Doc e si chiama padre Noè Cereda, l’unico missionario della Consolata in Madagascar. Ha già compiuto 72 anni di età e, rendendosi conto delle sue condizioni di salute, non ha paura di scrivere: «Ogni giorno mi dico: faresti meglio a rallentare, non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà».
Malgrado tutto, ha ancora in mente numerosi progetti da attuare.
Vorrebbe (e ce la farà) aprire proprio al più presto una scuola tecnica di falegnameria e meccanica, in modo da insegnare ai falegnami a fare letti, sedie, tavoli e armadietti, e ai fabbri porte, griglie e strumenti per lavori agricoli. Alla fine dei corsi assegnerà a ogni giovane malgascio una cassetta con i principali strumenti di lavoro per mettersi in proprio.
 La scuola copre una superficie di 700 metri quadrati. A causa dell’inflazione i prezzi dei materiali in un anno sono raddoppiati.
Ma non è finita! I suoi piani prevedono di terminare ad Andasibé una scuola e di costruire un serbatoio per l’acqua alto 12 metri con una capienza di 10 metri cubi di acqua, di costruire altre tre aule nella scuola di Andranoro, uno dei quartieri della capitale, e di sollevare di un piano l’attuale costruzione. A tutto questo si aggiunga quello che già funziona: tre forni a legna che ogni giorno producono 3 mila panini per i bambini delle scuole e un pasto caldo al giorno per gli scolari di Andasibé. 
Si è inoltre in attesa della consegna di cento biciclette da distribuire agli scolari meritevoli. Come ha scritto, ringraziando in occasione della Pasqua tutti coloro che lo aiutano in Italia e nel Principato di Monaco, l’infaticabile e coraggioso missionario è convinto che «semina, semina, ogni chicco arricchirà un angolo della terra».

Intanto tutti i malgasci, anche i non cristiani, attendono con trepidazione e orgoglio l’arrivo in Madagascar di papa Benedetto XVI (o almeno lo desiderano), per proclamare santa Vittoria Rasoamanarivo (1848-1894), una malgascia di famiglia reale, nipote del primo ministro che sposò la regina Ranavalona II.
Proclamata beata da Giovanni Paolo II il 30 aprile 1989, è stata definita da papa Benedetto XVI «una vera missionaria» e «un modello per i fedeli laici di oggi». La beata Vittoria, la cui famiglia era protestante, si fece cattolica nel 1863 all’età di quindici anni. Essa è senza dubbio un segno e un’attestazione della vitalità della chiesa cattolica in Madagascar e un onore per tutti i malgasci.
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Vi riportiamo l’ultima lettera di padre Marino, direttore del lebbrosario

Lo hanno costruito i coniugi Alessandro Pasotto

e Rosanna Tassinari per aiutare la popolazione locale


Amici di Ampasilava Madagascar Ospedale Italiano di Andavadoaka

Al Progetto Ospedale hanno aderito medici e paramedici da tutta Italia, pronti a dare la loro disponibilità e a partecipare a questa impresa come volontari, lavorando gratuitamente.

 

Protagonista dell'iniziativa è Cinzia Catalfamo Akbaraly, una milanese, bocconiana, dalla vita assai singolare. 

Abbiamo lavorato molto:
in tre settimane abbiamo trattato un centinaio di persone

Grandi novità qui da noi all’ospedale questo Natale:

i magi ci hanno portato in dono 3 suore trinitarie 

La biodiversità del Lazio

mostra fotografica a Fondi, a cura dell’Ente Parco Monti Ausoni

L’Ente Parco dei Monti Ausoni e Lago di Fondi presenta  la mostra fotografica “Natura viva – la biodiversità nel Lazio”, lunedì 3 novembre alle ore 10.30 presso la sala conferenze di Palazzo Caetani in Fondi. L’inaugurazione della mostra vedrà la partecipazione di Heritiana Andriamala e Sahondra Rahaliarisolo,  Responsabili dell’Associazione Voiala del Madagascar.
Con questa mostra fotografica dedicata alla biodiversità Il Parco “si pone l’obiettivo di sensibilizzare e  indurre una corretta percezione dei cittadini su un argomento di indubbia attualità quale la conservazione della biodiversità, un patrimonio universale frutto di tre miliardi e mezzo di evoluzione, che rischia oggi di essere fortemente  impoverito e  addirittura compromesso e che, al contrario, deve essere salvaguardato per garantire la nostra vita e quella delle generazioni future.”
L’iniziativa,  destinata in via prioritaria agli studenti delle scuole,  vuole far riflettere ed apprezzare l’importanza della riqualificazione naturalistica e ambientale nel nostro territorio, e, allo stesso tempo, porre l’attenzione sugli ecosistemi a rischio di estinzione, confrontandosi  con esperienze internazionali, quali il progetto Voiala in Madagascar, progetto per la salvaguardia della foresta malgascia.
“Il Parco” – dichiara il Commissario dell’Ente Bruno Marucci – “ salvaguardia non solo la biodiversità del proprio territorio ma ha in atto una concreta collaborazione con l’Associazione Voiala  per il programma di rimboschimento nel sud del  Madagascar, in quanto è importante tutelare il territorio dietro casa ma si è anche consapevoli di quanto sia importante la conservazione della biodiversità a livello globale.”
Il programma dell’inaugurazione prevede gli interventi del Direttore del parco Prof. Crescenzo Fiore, del Dirigente del  Parco Dott.  Giorgio Biddittu, del Presidente dell’Associazione malgascia “Voiala”  Dott. Heritiana Andriamala.
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Non a caso infatti i naturalisti definiscono quest’isola “l’ottavo continente”.

Nuovi studi e un centro di ricerca specializzato per la conservazione
della biodiversità nei pressi della foresta pluviale del Madagascar

Grazie all’isolamento geografico, il paese è un paradiso di biodiversità.

Ma la pressione demografica e l’instabilità politica accelerano il saccheggiodelle sue preziose risorse.


Conoscete gli animali tipici del Madagascar?
In Madagascar infatti troverete una fauna
estremamente diversa da quella dell’Africa

aiutare a comprendere e gestire i problemi
legati all'uso del territorio e dell'economia