martedì 29 giugno 2010

Gli italiani si distinguono anche in Madagascar


I connazionali tengono alto il prestigio del Made in Italy

di ALDO SUNSERI

Antananarivo

Se qualcuno pensasse che in un’ isola dell’oceano indiano non si trova la pasta Barilla, si sbaglia di grosso.

Nel Madagascar abitano numerosi italiani, che tengono alto il prestigio dell’imprenditoria italiana con il loro lavoro altamente qualificato, e mangiano pastasciutta. Negli anni ottanta è arrivata in questo angolo di oceano Indiano la Casagrande di Pordenone, capofila di un consorzio italo-malgascio, che ha costruito sette stabilimenti per la lavorazione di pellami. Due tra questi erano stati presi direttamente in gestione dalla società friulana e davano lavoro a circa trecento famiglie. Ma le continue lotte per il potere che si sono susseguite in questi anni, hanno generato una tale instabilità politica tanto da costringere la Casagrande a prendere la decisione di abbandonare l’isola. Nonostante tutto il direttore generale della filiale del Madagascar ha scelto di restare per continuare il lavoro della casa madre, dopo essersi dimesso dal suo ruolo e dopo aver acquistato dalla sua ex-azienda i macchinari necessari a riavviare il ciclo produttivo. Si tratta di Pietro Marangi, che oggi ha trasferito la sua industria ad Antananarivo ed esporta in tutto il mondo le pelli conciate, rappresentando uno degli esempi più insigni dell’imprenditoria nostrana all’estero. I prodotti usati per la lavorazione delle pelli arrivano regolarmente dall’Italia, ed è per questo che riesce a produrre nella sua conceria pelli finite di alta qualità. Marangi ha già ricevuto la cittadinanza malgascia ed è sposato con una donna del posto,Anita. Ha tre figli che parlano italiano, francese e malgascio.

Ma le storie dei nostri connazionali in Madagascar non finiscono qui. Paolo Murri è rimasto nei cuori della popolazione autoctona, in quanto la sua impresa “Murri Freres” ha costruito e asfaltato le prime strade locali con i mezzi arrivati dalla penisola. Purtroppo, dopo la sua morte, avvenuta nel 2002, gli eredi non hanno continuato la sua attività, sebbene la moglie Vittoria con tenacia e caparbietà riesca ancora ad alimentare lo staff della sede di Nosy Be per non abbandonare i suoi impiegati. Per non parlare di Maurizio Mastracci, originario di Ceprano, che ha aperto il primo ristorante italiano dove si possono gustare spaghetti e lasagne al forno: la sua attività si trova al centro della capitale,a pochi metri dell’Ambasciata degli Stati Uniti. Accanto al ristorante,Mastracci sta per completare il suo albergo arredato con gusto tipicamente italiano dove troveranno posto circa ottanta clienti, tra i quali anche nostri connazionali. Ma il nostro excursus non può tralasciare Umberto Lanza, che da più di sedici anni risiede a Antananarivo ed è il direttore generale della società di marmi la Magrama, salita agli onori delle cronache in occasione della sciagura aerea nella quale gli amministratori della società hanno perso la vita. Le cave della società, situate vicino Tulear, producono un marmo molto pregiato e richiesto in tutto il mondo: il labradorite.

Un altro italiano insigne è, senza dubbio, Gianfranco Bruscagnin, un geometra veneto purosangue. A Mestre progettava arredamenti per imbarcazioni da diporto, ma da quando si trova in Africa le sue attività sono decisamente diversificate: vanno dalla trasformazione di legni preziosi (ebano) per componenti di strumenti musicali su Tamatave, alle lavorazione e trasformazione di oggettistica in pietre e quarzi locali, passando per l’import di prodotti alimentari italiani che vende alla grande distribuzione. Sul versante femminile, se c’è una donna che dovrebbe portare i pantaloni, questa è Anita Cossettini, alla quale è affidata la direzione del porto di Tulear, che dopo Tamatave è il più importante del sud del Paese. È un vero e proprio pioniere del posto, perché risiede qui da più di venti anni, nel corso dei quali ha ricoperto anche la carica di console italiano dove si è guadagnata la stima di tutti i suoi connazionali. Anche tra gli ordini religiosi l’Italia può dire la sua. Nel giugno 2006 Padre Alberto Pesce ha festeggiato il suo 60° anniversario di sacerdozio dell’Ordine Trinitario in Madagascar. In quella occasione al sacerdote è stata conferita l’alta onorificenza di “Grande Croce dell’Ordine Nazionale”, consegnatagli dal Presidente della Repubblica Marc Ravolamanana, per l’impagabile sostegno materiale e morale fornito sotto la guida dell’arcivescovo Monsignor Odon Marie Arsène Razanakolona. Una cospicua comunità di religiosi italiani, infatti, è giunta in Madagascar dopo l’indipendenza e la successiva partenza dei missionari francesi. IL sacerdote, nato 83 anni or sono a Noicattaro in provincia di Bari, è stato ordinato sacerdote a Roma il 20 aprile 1946 e da allora svolge un’infaticabile opera di missionario, prestando servizio presso le diocesi di Ambatondrazaka e di Antananarivo. Padre Pesce, chiamato da tutti in malgascio Dadabè (“il nonno”), ha presenziato le due cerimonie con la sua tradizionale vitalità e in perfetta forma. Oltre ai connazionali italiani, erano presenti parecchie comunità e congregazioni giunti per l’occasione da tutta l’isola. Loro, a differenza dei francesi che si esprimevano solo nella loro lingua, hanno appreso la lingua malgascia per essere più vicini ai bisognosi. Il riconoscimento ricevuto da Padre Alberto Pesce assume una grande rilevanza per il fondamentale lavoro di sostegno materiale, morale e religioso che in tutti questi anni è stato elargito dai missionari italiani al popolo malgascio cattolico attualmente guidato dall’Arcivescovo Razanakolona. Per non parlare, poi, dello straordinario lavoro svolto dalle suore italiane che hanno creato scuole in tutto il paese e si sono prese cura di molti ospedali. Insomma, possiamo andare fieri e orgogliosi anche degli italiani residenti qui, in questo posto incantevole. La loro volontà e il loro ingegno sono espressione dell’italianità anche in Madadagascar.